Non è detto che la difficoltà ad assumere risieda solo nella scarsità di offerta delle qualifiche tecniche richieste. E solo in parte dipende dal salario offerto (che, comunque, deve essere competitivo). Il CIO può, comunque, fare molto per rendere la sua azienda un datore di lavoro capace di attrarre le migliori risorse: per esempio, condurre personalmente i colloqui, prevedere alcuni fringe benefit e puntare sulla formazione Credito: Getty In Italia, il 75% delle imprese ha difficoltà nel reperire talenti, soprattutto nei settori IT e ingegneristici, nonché nella gestione dei dati. I numeri raccolti da Manpower Group nel secondo trimestre del 2023 evidenziano un grave disallineamento tra domanda e offerta di competenze sul mercato italiano del lavoro. Mancano i laureati stem (scienze, tecnologia, informatica e matematica) ma, ancora di più, le figure specializzate, e le aziende sono chiamate a intervenire sui due fronti dell’attrattività verso i talenti, e della formazione. I CIO sono la figura manageriale ideale per misurare il polso della situazione nel settore IT e aggiungere elementi al dibattito sullo skill shortage. Secondo Alessandro Di Maio, CIO di Farvima Medicinali (GDO del settore farmaceutico), le imprese devono essere disposte a investire sulle persone di valore: è anche questione di Ral (la retribuzione annua lorda). Ma l’opzione del lavoro remoto è altrettanto cruciale. Ancora più importante è il ruolo del CIO, l’unico che veramente può riconoscere il candidato “giusto”. Il fattore essenziale: i talenti cercano un lavoro stimolante “Ci sono alcune strategie che aiutano a portare le persone a bordo. E il CIO deve farsene protagonista”, conferma Michele Talon, CIO di Banca Progetto, la banca digitale controllata da BPL Holdco specializzata nei servizi alle Pmi e ai privati. “Reperire le figure professionali, soprattutto quelle molto tecniche, non è facile, e la soluzione per il CIO è porsi con l’atteggiamento giusto”. I candidati – riferisce Talon – “ci chiedono se potranno fare smart working fuori dall’Europa, se offriamo percorsi di formazione, se c’è la possibilità di viaggiare o lavorare in gruppo. Bisogna offrire una posizione che stimoli interesse, ed è qui che il CIO deve cambiare pelle e collaborare di più con l’HR, perché essere in grado di creare le condizioni in cui le persone lavorano in modo gratificante”. IT talent gap: in difficoltà tre aziende su quattro L’edizione 2022-23 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano evidenza che il mercato del lavoro italiano continua a essere caratterizzato da un’offerta insufficiente di competenze digitali a fronte di una domanda sempre più alta. “Se l’avvento di nuove tecnologie come ChatGPT ha fatto ritornare attuali le paure sulla distruzione dei posti di lavoro”, si legge nel report, la sfida al momento “sembra essere la scarsità di persone per ricoprire le posizioni vacanti”. Claudia Cattaneo, Head of Experis Academy (l’IT training center specializzato di Manpower Group), conferma: “L’Information Technology evidenzia difficoltà nel trovare talenti con le competenze necessarie, segnalata da quasi tre aziende su quattro. Questo trend è dovuto principalmente a un disallineamento tra la formazione offerta ai giovani, le competenze di chi è già impiegato nel settore e quanto richiesto dal mercato del lavoro. Un grande contributo – evidenzia Cattaneo – può arrivare dal mondo delle Academy, che rilevano le esigenze concrete delle aziende e sviluppano i profili da assorbire nelle aziende stesse. Il nuovo compito del CIO: pensare anche come un HR manager Di Maio di Farvima riferisce di occuparsi direttamente del colloquio tecnico, perché nessuno meglio del CIO può valutare le competenze specialistiche, nonché la capacità di apprendimento del nuovo lavoro. “Per assumere un talento IT devi conoscere la tecnologia”, afferma Di Maio. Perciò, in Farvima, l’HR effettua una prima valutazione dei cv, mentre Di Maio svolge una seconda scrematura basata sulle competenze tecniche. A quel punto, il 15-20% dei candidati viene invitato al colloquio in presenza. “Quando trovo la persona di valore, sono disposto a investirci, sia nel Ral che nella formazione”, afferma Di Maio. “Se il neoassunto non è pienamente soddisfatto, infatti, se ne andrà presto, perché il turnover in questo settore è alto. E, assumere e formare nuovamente una persona ha un costo elevato. Meglio investire prima per non sprecare tempo e denaro dopo”. Secondo Talon, il lavoro del CIO cambierà profondamente nei prossimi anni. “Il Chief Information Officer deve diventare come l’HR manager e investire sulle persone”, afferma. “Può sembrare una provocazione, ma il punto è che il CIO non può essere scollegato dalla funzione delle Risorse umane, bensì deve interessarsi in prima persona del processo di selezione e indicare le esatte competenze che gli servono. Non dimentichiamo che le tecnologie evolvono costantemente e per me è molto più utile assumere una figura con il background e le soft skill che le permettono di adattarsi ai cambiamenti. Poi sarà la formazione interna, anche con attività di reskilling e upskilling, ad aggiornare via via le competenze”. Adeguate la Ral. Ma offrite anche la palestra Certo, lo stipendio è importante, e ogni azienda deve fare i conti con i limiti del budget. Ma, se salire all’infinito non è possibile né necessariamente produttivo, scendere sotto una certa soglia è davvero un autogol. La difficoltà più grande può nascere quando si cercano figure specializzate e con grande esperienza e si propone una Ral di 25mila euro l’anno. I talenti se ne andranno da un concorrente, visto che la caccia agli addetti del settore IT è costante e che, col remote working, è più facile lavorare dall’Italia per un’azienda estera. Di Maio è riuscito ad accorciare i tempi di reperimento della figura di programmatore ricercata convincendo il dipartimento finanziario ad alzare la il compenso “Le tech company offrono di più delle aziende non tecnologiche e fanno incetta di talenti trattenendoli con stipendi più alti e percorsi di carriera più attraenti. Così siamo saliti”, racconta il CIO di Farvima. Offrire i cosiddetti fringe benefits, benefici accessori che curano il benessere della persona nel lavoro, è un’altra carta vincente. “Noi di Banca Progetto – riferisce Talon – abbiamo investito in un’offerta di welfare aziendale che include la palestra in sede, la frutta fresca e l’acqua sempre a disposizione, gli spazi comuni per incontrarsi, le scrivanie libere in entrambi i nostri uffici. E i risultati ci sono. Anche la mentalità dei manager deve essere diversa: no a crocifiggere le persone al primo errore, no alle gerarchie eccessive. La stanza del direttore è vuota? Si usa come sala riunione. Dobbiamo offrire un ambiente di lavoro sereno, è così che si trattengono i talenti”. Come indica Daniele Bacchi, CEO di Reverse (ed ex CIO), “Il mindset è il primo ostacolo al portare profili in azienda. La ricerca e selezione del personale va fatta con la mentalità del venditore e non del compratore”. Come dire: caro CIO, i talenti IT li devi convincere e motivare tu. Contenuti correlati In primo piano Le 6 tecnologie più sottovalutate nel settore IT, più una che non è ancora alla fine Negli ultimi tempi, l'IA ha catalizzato su di sé tutta l’attenzione, ma le tecnologia che la rendono possibile, che fanno funzionare e progredire l’IT e l'azienda, troppo spesso vengono trascurate, inutilizzate e sottoval Di Mary K. Pratt Nov 29, 2023 10 minuti Governance dei dati Cloud Computing Gestione dei dati In primo piano Le Academy aziendali per superare il gap delle competenze IT. 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